Che cos’è la frontiera? Muro o ponte? Luogo fisico e materiale o luogo dell’anima in cui dogmi e preconcetti si fondono in un caos generatore? Solo chi l’ha vissuta può comprendere quanto la condizione fronteriza plasmi mente e cuore, quanto permei ogni anfratto della coscienza. E la scrittrice femminista chicana Gloria E. Anzaldúa è stata forse la prima a teorizzarla, infarcendo i suoi studi di un tale dolore, unito a un senso di rivalsa così forte, da riuscire a dare un’identità al suo popolo frammentato, a ridare dignità a quelle genti cui essa era stata tolta insieme alla terra, alla lingua, al futuro.
Borderlands/ La Frontera: The New Mestiza è un’opera composta da due sezioni, una in prosa inframmezzata da stralci di poesie, ballate, miti precolombiani, e una propriamente in poesia. Fin dalla sua pubblicazione, nel 1987, ha ispirato generazioni di studiosi, teorici e sognatori riuniti attorno a politiche e poetiche di border crossing, transculturazione, multiculturalità.
È un vero e proprio inno al mestizaje (mescolanza, meticciato) non solo nelle tematiche ma anche nella struttura: si dissolvono in ogni pagina i confini tra i generi letterari (saggio teorico e biografia, poesia e storiografia, antropologia e romanzo) e tra i codici linguistici (castigliano, chicano, inglese standard e slang, nahuatl).

Leitmotiv di tutta l’opera è dunque l’attraversamento di ogni tipo di frontiera. Si parte da una frontiera reale – quella tra Messico e Texas, sanguinoso teatro di soprusi e sopraffazioni ai danni dei latinos nel corso dei secoli – per arrivare alle frontiere psicologiche, sessuali, spirituali, non peculiari di questa precisa zona geografica ma di tutti quei luoghi in cui due o più culture si incontrano, scontrano, influenzano a vicenda.
Anzaldúa indaga le contraddizioni e le condizioni materiali di vita «sui confini e ai margini», e rivela l’inedita gioia che può derivare da tale sofferenza: il sentirsi parte di qualcosa di vivo, l’identità mutevole che risveglia aree altrimenti dormienti della coscienza, il non sentirsi mai a proprio agio, ma comunque a casa.
Si tratta di un testo già classico, nonché di un’inspiegabile lacuna nel panorama editoriale italiano, specie in un momento storico in cui la logica dei muri e dei respingimenti richiede un costo sempre più elevato in termini di vite umane e in termini di umanità. Un momento in cui si è sempre più portati a interrogarsi sull’essenza e sui controsensi insiti nei concetti di confine, popolo, identità.
Agli occidentali arroccati nella fortezza delle proprie dicotomie, Gloria Anzaldúa oppone la sua letteratura di resistenza; a quanti cercano ancora un’alternativa alla violenza e alle contrapposizioni, Borderlands offre nuovi modelli di pensiero e coesistenza.